Elviro Langella

LA CHIAVE ASTRONOMICA DELLA FONDAZIONE DI NEAPOLIS

“COL VENTO IN POPPA PER OGNI ROTTA”

A Renato Palmieri, compagno di un iter superiore.

Museo San Martino Il Colle Sant’Elmo con il Museo di San Martino da Piazza Plebiscito

Villa Elena e Maria Villino Elena e Maria - via Tito Angelini 41 - San Martino – Napoli realizzato nel 1904 da Ettore Bernich (1846-1914) e Michele Capo (1873-1956)

Parte 1

Col Vento in Poppa Per Ogni Rotta, facciata Col Vento in Poppa Per Ogni Rotta

Quel veliero posto a eloquente ornamento della cornice marcapiano all’ingresso dello splendido villino a San Martino, non poteva non accendere nella mia fantasia la promessa di un invito esclusivo al viaggio argonautico.
Come non portare alla mente la nave scolpita sulla fontana del Vertbois a Parigi all’incrocio di rue Saint Martin che non mancò di ispirare l’esegesi rivelatrice del maestro Fulcanelli e di Eugène Canseliet, erede unico della sua Ars Regia. O piuttosto, l’analogo rilievo che decora le vie Segurana, Lanfranchi, Mancini della magica Torino disseminata di segreti percorsi iniziatici orientati alla sapienza esoterica.
Ove è dato vedere a mo’ di polena vivente una vergine kore riaffiorante dall’acqua come una Nike. O piuttosto, una sirena alata nel tripudio di rose sbocciate d’incanto dalla spuma marina, e dei veli rigonfi quanto la vela per i venti che soffiano a poppa.

Fontana del Vertbois - Parigi Fontana del Vertbois - Parigi

Borgo Po Bassorilievo Bassorilievo via Segurana - Torino

Mascherone

Incastonato a chiari caratteri sull’architrave, tra i nomi di Ettore Bernich e Michele Capo, autori della nostra Villa Elena e Maria, l’incipit che introduce al nostro viaggio recita: “Mirate qui Napoli Nobilissima / l’incantevole Sirena”
E non vi è dubbio che il panorama che si apre a 360 gradi dalla terrazza dall’antica dimora partenopea, mostra la città flessuosamente distesa verso il mare come un’“incantevole sirena”, quale la vide l’architetto Ettore Bernich.

Fregio Navi

La rappresentazione speculare dei due velieri sospinti dalle allegorie del vento a vele spiegate dritti in rotta di collisione, rimarca il chiaro significato simbolico. Battezzate l’una Palepoli, l’altra Napoli come mostrano i nomi incisi a poppa, le navi stanno a rappresentarci l’antico e il nuovo che pur anelano ad una riconciliare in armoniosa continuità il nostro convulso mondo contemporaneo con le luminose tradizioni dell’anima antica della Sirena. Perché l’incanto del mito perduri all’insofferente divenire della storia che tutto oblia e divora, Bernich, l’autore stesso sembra riaffacciarsi sul nostro tempo ad auspicare con la veemenza plastica del suo mascherone, che le nobili radici dell’originaria bellezza non vengano stravolte da inavvedute scelte in nome di una pretesa modernità.
Sorta proprio quando il Risanamento immaginava di ricostruire Napoli secondo moderni parametri urbanistici, la rivista “Napoli Nobilissima” fondata da Benedetto Croce quasi si volgeva in una direzione opposta, tenendo desta l'attenzione, per non perderlo, su quel patrimonio - fatto in parte di chiese minori, antiche locande, opere decorative quali fontane, statue, iscrizioni, lapidi - che avrebbe potuto continuare a fornire testimonianza, oltre che dei grandi eventi, anche della convulsa quotidianità di Napoli.
Tra i più assidui collaboratori di "Napoli nobilissima", proprio Ettore Bernich, abile e colto architetto romano, partecipò a questo progetto con una serie di articoli apparsi tra il 1898 e il 1902.1

1: “Tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento si pubblicò a Napoli, voluta e promossa da Bartolommeo Capasso, Riccardo Carafa, Benedetto Croce, Salvatore Di Giacomo, Michelangiolo Schipa, intellettuali diversi per formazione ed interessi, la rivista di topografia e d'arte napoletana "Napoli nobilissima". Si trattava di un periodico dal taglio storico, che riguardava la topografia della città e che si prefiggeva non tanto di soffermarsi sugli elementi tecnici e planimetrici, quanto di raccontare ai lettori le vicende legate a quelle strade e a quei principali luoghi pubblici, in cui la vita dei napoletani si era svolta in condivisione”. (La città dell'arte nei percorsi di Ettore Bernich di Apollonia Striano . La Repubblica 12 marzo 2011)