Elviro Langella

LA CHIAVE ASTRONOMICA DELLA FONDAZIONE DI NEAPOLIS

“COL VENTO IN POPPA PER OGNI ROTTA”

A Renato Palmieri, compagno di un iter superiore.

Parte 3

Villa Elena e Maria

Percorsa la scala elicoidale, fuori dell’ampio finestrone, eccoci letteralmente sospesi su un’incontenibile scenario. Tutt’intorno allo sguardo da Capodimonte al Colle Sant’Elmo, un ventaglio di inesauribili visioni che ricucivano in un’unica polifonia echi provenienti dalle stratificate età di Napoli testimoniate dalla singolare natura del paesaggio e dai segni dell’uomo sul territorio.
Qui vicino da potersi toccare: Castel Sant’Elmo, il museo di San Martino con la monumentale certosa stagliati in profondità contro il profilo dei Lattari e del golfo.
Il Vesuvio domina come vigile, impertubabile sentinella dei cicli fatali della storia, l’infinita ragnatela che si dipana intorno Spaccanapoli tessuta dalle trame nodose delle interminabili vicissitudini storiche, dai segni distintivi delle dominazioni succedutesi, dall’eterno, vorticoso strepitio degli uomini nei quotidiani affanni.

Ove si coglie ad esempio, il contraddittorio skyline del centro direzionale coi suoi blocchi verticali in aperta disarmonia col contesto: Meteore incastonate sul manto dell’antica Sirena, o piuttosto, aeroliti piovuti dal cielo per chissà quale infausto sortilegio.

È qui dalle due terrazze digradanti nel vuoto, che il mio generoso anfitrione muovendosi a perfetto agio dentro tali funamboleschi orizzonti, come la rondine marina,2 studia nell’impianto urbanistico le geometrie topografiche ispirate al rispetto delle regole dell’arte edificatoria.
Ero quindi, invitato anch’io a affacciarmi sulle vertigini di un’antica sapienza che portava lontano nel tempo, fino alle auree chiavi della scienza pitagorica.
E come la rondine di Athanasius Kircher il mio mentore sembrava volesse rivelare massime di verità che suonavano alle mie orecchie come impenetrabili oracoli: “Vi è cielo in alto, cielo in basso, tutto è sopra e tutto è sotto, comprendi questo e riuscirai”.

Cos’altro fare se non aggrapparmi alla mia esperta guida e cavalcare questa insperata opportunità di affinare i miei sensi intorpiditi su tali, nuove sublimi rivelazioni.
L’infinita rete di impedimenti, di irrisolte remore terrene, di puerili vertigini al cospetto di tali, inusuali profondità, mi portarono alla mente la paura provata da Dante nel cavalcare Gerione, mentre già si agitava dentro di lui il fantasma della disfatta: il salto mortale di Fetonte e di Icaro, puniti per l’azzardo di aver sfidato le inderogabili leggi di gravità ed essersi spinti alle vette interdette ai comuni mortali. E meditando sull’indomabile gene di Ulisse che muove l’uomo, cagione di ebbrezze sublimi ed di altrettante inevitabili sciagure, nel volo a spirale giù in fondo all’abisso dei gironi dell’Ade, col cuore in gola, il poeta smarriva lo sguardo nell’ipnotico rabesco di trame labirintiche che decorava lo squamoso corpo iridescente del mostro infero.
Non meno inestricabile appariva ai miei occhi il labirinto tessuto da tempo immemorabile, dall’artificio umano nel corpo vivente della nostra amata Sirena. Come il Glauco marino, la fisionomia nobilissima di Napoli compromessa da disarmoniche superfetazioni e fagocitata da un’evoluzione caotica, si rivelava, ahimè, aver subito l’ingiuria di insanabili stimmate.
Spettava al mio maestro allora di riportare Ordo ab Chao. Di riscattare dall’inestricabile caos che sfigurava l’immagine dell’attuale città sofferente, la luce dell’Idea che ispirò in principio i nostri padri fondatori dell’originaria Neapolis.

Napoli Vesuvio

2: Il significato metaforico della rondine marina è mutuato dall’Iconologia di Cesare Ripa: … imitare la Rondine, perciocché come narra Pierio Valeriano nel 22° libro de’ suoi Geroglifici, per essa vuole che significhi un Uomo che sia studioso, e dato all’edificare, a che abbia fabbricato grandi Edifici, com’anco Castelli, Città, e d’altre fabbriche, e d’ingegno.