MeaLux, I Sette Raggi Universali

Intervento di Elviro Langella

Forza d’Agrò, 27 giugno 2015 . Serata conclusiva della Rassegna letteraria “Libri Inn … Riviera”

Invitato ad assolvere a mio turno, al rito della consegna del diario di viaggio al prossimo autore, oso confessare una certa spudorata euforia, quasi sentissi stasera di adempiere al mio compito con lo spirito fanciullesco di un gioco. Un gioco appagante di quand’ero bambino, “della culla di spago”, oggi ahimè, del tutto anacronistico.

A parte la metafora alquanto irriverente al tema della serata di chiusura della Rassegna “Libri Inn … Riviera”, trovo commovente che questo diario viaggio sia destinato a conservare memoria del percorso interiore intrapreso dai singoli autori in questi mesi, assieme al pubblico con generosa partecipazione. Una staffetta che impone garbatamente un’intesa rispettosa tra gli autori stessi chiamati a dialogare, ad incrociare l’intimo percorso dei loro pensieri, condividendo nell’arco di questi sette appuntamenti letterari, un progetto comune in progress. Il coinvolgimento di un pubblico attento ed eterogeneo costituisce la più gratificante nota di merito per l’impegno profuso da Angela Lombardo, alla quale va reso merito di aver saputo tessere una durevole trama di mutua intesa solidale e culturale con le associazioni attivissime nella promozione culturale su un territorio così esteso.

Rinnovo la mia gratitudine alla presidente dell’Associazione “Mea Lux” per l’ospitalità tributata alla precedente presentazione del mio libro “Oltre il velo” a Giardini Naxos, introdotta dall’immagine del raggio di luce affrescato nella preziosissima Cappella Sansevero di Napoli e che non a caso si è chiusa proprio sul raggio di luce sapienziale dispensato da Iside sul frontespizio del libro, “I viaggi di Ciro”, che il principe di Sansevero chiosa con un verso di Tibullo.1 Un verso rivelatosi inaspettatamente profetico, anticipando il nuovo invito rivoltomi da Angela a raccontare al mio ritorno da Napoli, il Rito della Luce che ho tenuto nel Solstizio d’Estate al Museo Minimo di Roberto Sanchez de Luna a Fuorigrotta.2
http://www.elvirolangella.com/docfiles/Solstizio-Museo-Minimo.pdf

Col senno del poi, ho scorto in questo invito qualcosa di più di un’occasionale pretesto nel frangente dell’imminente celebrazione del 21 giugno, bensì un’esortazione a raccogliere l’indispensabile fil rouge donatoci dalla mitica Arianna chiamata ad illuminare il cammino della ricerca costellando il cielo notturno del nostro viaggio, col suo diadema di stelle. Proprio così, ai miei occhi Angela appare oggi, una premurosa Arianna e al contempo, una virtuosa Aracne, infaticabile tessitrice di raggi di luce che trovano non a caso, riscontro nella metafora dei “7 raggi universali” quali saranno stasera illustrati dal nostro autore, Giovanni Aloisi. Avendo seguito da vicino le tappe della mia ricerca di questi anni, Angela è perfettamente consapevole di quanto la mia iniziativa a Napoli intesa a celebrare le sue origini solari dettagliatamente narrate dal filosofo, geografo Dicearco di Messina (IV sec), costituisca il punto di arrivo di un percorso interiore e di un progetto di ricerca maturati in occasione delle precedenti presentazioni tenute in ambiti culturali differenziati. http://issuu.com/elvirolangella/docs/brouchure-mm

Un percorso punteggiato da altri analoghi appuntamenti col Rito antico del Solstizio annualmente evocato in molti siti cultuali. Esperienze a mio avviso assolutamente necessarie, nella convinzione che sia pur distanti, essi configurano l’orizzonte di un unitario Universo sincronico verso il quale ogni spirito alla ricerca della Luce si trova ad orientare i suoi passi.

Tappa d’obbligo si imponeva per me, la terza edizione del Festival Internazionale di Archeoastronomia tenuta in territorio del Comune di Montalbano Elicona, lo scorso anno organizzato da Andrea Orlando tra le Pietre megalitiche e le Stelle dell’altopiano dell’Argimusco. La volta precedente, era stato invece, ancora in Sicilia, al Rito della Luce organizzato da Antonio Presti nelle adiacenze di Castel di Tusa. E ancor prima, c’era stata l’esperienza nei Templi ipogei dell’Umanità di Damanhur, ai piedi delle Alpi piemontesi ove avrei preso parte al Cerchio d’incontro con le 13 Grandmothers Indigene, ultime testimoni dell’antica saggezza sciamanica convocate dalle più remote regioni del mondo al Concilio Internazionale a Damanhur.3 Una vera entusiasmante folgorazione si rivelò il rito del Fuoco officiato da Rita Long, guardiana dei riti sacri dei Dakota. “I nostri riti – diceva – danno sostegno e incrementano la preghiera. Tante persone, anche bambini e adolescenti, trovano tramite la nostra Danza del Sole un collegamento nuovo con la loro sorgente dell’essere”.

Nel realizzare la Piramide di Mauro Staccioli per l’annuale Rito della Luce nel Solstizio d’Estate, in perfetto allineamento col precedente Monumento al 38º parallelo eretto a Reggio Calabria nel 1987, Antonio Presti non poteva non condividere l’identico progetto di un comune luminoso orizzonte futuro. A chiari caratteri troveremo incisi tali propositi sul monolito tagliato in forma piramidale: “Nell'abbraccio di Reggio Calabria, Atene, Smirne / Seul, San Francisco, Cordova / città tutte poste su questo parallelo 38º / Auspica / Orizzonti di pace / Nell'operare della cultura:” Eppure, a guardar bene, la scelta di far gravitare sul 38° parallelo le città idealmente gemellate in questo nobile e utopico disegno planetario, a mio avviso, non dovrebbe impedire l’opportunità di espandere ulteriormente lo sguardo in un orizzonte allargato, e cogliere l’invitante prospettiva di un nuovo, insospettabile allineamento della Piramide con il meridiano che passa per Napoli. E che anzi, lambisce il sito nel quale fu officiato il Rito solare che guidò il vomere dei fondatori dell’antica Neapolis, della quale ci apprestiamo a celebrare l’anniversario dei suoi 2.500 anni di vita. Ritrovatomi questa domenica, in un giorno così evocativo, proprio in quel luogo privilegiato accampato sul colle Sant’Elmo a Napoli, in compagnia di Renato Palmieri, lo studioso autore della magistrale rilettura della fondazione di Partenope-Neapolis in tale illuminante chiave astronomica, ho voluto celebrare il primo raggio solstiziale, aspettando le luci dell’alba. Intorno a noi lo skyline mozzafiato del golfo, per niente velato, che si apre a 360 gradi intorno al sito geografico, teatro del rito degli auspici in quel lontano 472 a. C.

Come non riportare a mente gli appunti di Goethe nel suo Viaggio in Italia che mettono in evidenza lo stretto legame tra le tradizioni del territorio partenopeo e le sempre riaffioranti testimonianze di culti solari, quali quelli che dovevano trovare luogo nel Mitreo nella Crypta Neapolitana, sita nella Grotta di Pozzuoli a Posillipo (IV secolo d.C.), la misteriosa, interminabile galleria che la leggenda vuole scavata nella roccia dalla magia di Virgilio nell’arco di una sola notte, col ricorso ad oscure arti di necromante.

Questa sera ci siamo recati alla grotta di Posillipo nel momento in cui il sole, tramontando, passa con i suoi raggi fino alla parte opposta. Ho perdonato a tutti quelli che perdono la testa per questa città.

Nella cristallina descrizione del mio mentore Renato, come una ragnatela intessuta dall’antica sapienza pitagorica, riemergeva d’incanto l’originario tracciato urbanistico. Pur compromesso dall’intrico delle caotiche superfetazioni accatastate dalle convulse stagioni della storia, tornava a risplendere in tutta la sua bellezza, la nostra mitica, rinata Sirena Partenope.

La Chiave Astronomica della Fondazione di Neapolis
http://www.elvirolangella.com/extra/renato-palmieri/index.html

Sarebbe impossibile anche al più insensibile o distratto degli uomini, non soffermarsi a riflettere con indescrivibile stupore, come nel medesimo istante in cui quel primo raggio tracima dai Monti Lattari in faccia al golfo di Napoli, all’unisono, in coincidenza col Solstizio, in regioni distanti del pianeta si rinnovi incessantemente sin dalla notte dei tempi, un identico rito. Da siti d’incalcolabile età, come quelli dislocati sull’isola di Gavrinis in Bretagna, oppure a Newgrange nella Contea di Meath in Irlanda, quel raggio fecondo prende a rianimare dal fondo di millenari ipogei, l’eco dei riti remoti tornati ad annunciare il sogno antico dell’eterno ritorno alla ciclica rigenerazione della vita nell’intimità del talamo uterino della Grande Dea generatrice del cosmo, chiamata a governare l’insondabile ciclo della vita, morte e rinascita. Perché è proprio questo che quella primordiale sapienza da quattro millenni ci esorta a recuperare dalla nostra memoria ancestrale, puntualmente rimossa dal progresso, e che nondimeno, riemerge con forza eloquente per un ciclico ritorno agli immortali, mai sopiti archetipi che fervono nel crogiuolo dell’inconscio collettivo. Come accade nel Pantheon a Roma, consacrato a Cibele e ai sette pianeti dell’universo generati dalla dea ed inglobati nel ventre uterino del suo tempio. Ove una volta ancora, lo hieros gamos, l’arcaico rituale del matrimonio sacro tra cielo e terra riprende prepotentemente a riaffiorare dall’oblio della storia, il giorno dell’Equinozio che i Romani celebravano come data di fondazione della città. Lo scandirsi iniziale del Tempo, ossia il concepimento del Tempo, veniva sancito, anche nel Pantheon, attraverso la connessione epifanica del sole e della luna, come, fin dall’età megalitica, nel tempio di Gavrinis. Non a caso, secondo quanto ci fa notare Umberto Cordier, nel Pantheon: “Il foro della sommità è il Sole che, infatti, agli equinozi proietta, sempre a mezzodì, un raggio di luce che taglia il cornicione proprio come l’astro in quei giorni taglia l’equatore celeste”.

Seguire la traccia dei carismatici insegnamenti del mio mentore affacciato sulla certosa di San Martino di Napoli, richiedeva però, un rigore nell’applicazione della geometria sacra attinta alla sapienza pitagorica. Richiedeva insomma, un arduo esercizio intellettuale full immersion, per penetrare l’architettura segreta della fondazione di Neapolis. Certo, Renato Palmieri poteva ben spaziare su tali complessi orizzonti per le sue indiscusse conoscenze attestate da pubblicazioni scientifiche di tutto rispetto.

… Ma come spiegare invece, che la chiave segreta della conoscenza pitagorica che ci consente oggi di ricalcare le orme dei fondatori, ripercorrerne l’ispirazione e tornare a fendere l’originario solco che guidò il vomere … come spiegare che un tale arcano fosse balenato nella mente dell’ignaro Giovanni Durante. Un signore incontrato per caso nei corridoi del comune di Napoli, entrambi in attesa dell’assessore alla Cultura. Mi confessava di aver disertato gli obblighi dell’istruzione primaria per far fronte in tenera età alle disagiate condizioni familiari.

Annalisa

Figuriamoci se tra i suoi pensieri ordinari e le indifferibili necessità esistenziali, potevano mai albergare certi grilli esoterici. Nondimeno il suo impegno sociale rivelava un’eccezionale sensibilità. Per una fulminea empatia familiarizzammo all’istante. In un attimo prima ancora di identificarsi, metteva a nudo il suo animo aprendomi il cuore che teneva legato ad una catenina. Riconobbi subito nella miniatura, Annalisa sua figlia. A 14 anni, nel rione Forcella Annalisa Durante fu vittima della camorra per una diabolica congiura di casualità assolutamente fortuite, alle quali concorse fatalmente il più bruto sadismo criminale.

È significativo, a tal proposito, che proprio l’emblema toponomastico del rione Forcella, sarebbe stato prescelto dall’ignaro Giovanni, suo padre, a denotare un forte segnale di riscatto sociale – lo scudo troncato con la forcina “Y” e il motto “siamo nati per fare il bene” –. Nelle sue intenzioni, quello avrebbe dovuto essere il logo disegnato sul pavimento della struttura polifunzionale aperta ai giovani di “Piazza Forcella”, proprio nella via funestata dalla tragedia, nel luogo preciso che il 27 marzo 2004, divenne teatro dell’efferata faida camorristica.

Oggi Piazza Forcella partecipa al più generale risveglio in atto nella città ed è vista dalla popolazione come un luogo di auspicata rinascita. Così, ininterrottamente prendono lì vita performance giovanili di musica, danza, letture, incontri che coinvolgono anche ragazze immigrate, suggerendo temi centrati sull'integrazione, il distacco dalla terra natia e la conoscenza delle diverse etnie che coabitano nel territorio.

Ma quello con Giovanni Durante è solo l’ennesimo incontro che può capitare addentrandoci in quell’infinito, strabiliante universo antropologico partenopeo e che conferma esemplarmente il germe della sua anima solare pur oppressa dalle tenebre di un endemico degrado e dall’avverso destino di abbandono.

Familiarizzando con la gente, non si fa fatica ad imbattersi nella creatività dentro l’irrequieta vitalità dionisiaca, l’irriducibile mai domato daimon del popolo napoletano, in eterno fermento dietro tradizioni, purtroppo incomprensibili ai più, spesso a torto fraintese. Resuscitando gli archetipi ancestrali della memoria storica, la società civile e i molti talenti che da sempre esprime questa grande città, mostrano l’intimo bisogno di evolversi verso il proprio luminoso destino, ahimè, interdetto dalla miopia del potere, nel solco di un recupero delle radici fondanti del proprio territorio di appartenenza.

Sempre più spesso con scarsa convinzione, ci dichiariamo di far parte del nostro universo sociale. In verità, raramente rinunciamo ad assumere un atteggiamento conflittuale in un mondo oramai percepito come ambiente ostile, quasi ci aggirassimo nel disorientate Labirinto abitato dal Mostro narrato dalla fabula antica. Paralizzati in un perdurante atteggiamento di difesa da incombenti, potenziali minacce, finiamo così, per costruirci intorno un mondo autoreferenziale o piuttosto, per rinchiuderci in uno sterile nichilismo.

Ma una tale cultura dell’estraniazione non può sperare certo, di assolvere alla più elementare, fondamentale funzione sociale: “la solidarietà delle solitudini” alla quale invece ci esorta opportunamente Aldo Masullo.5

Calato nella condizione disumanizzante di solitudine e smarrimento in un mondo complesso sferzato da venti di terrore, il nostro Teseo, l’eroe dell’inespugnabile labirinto sembra ahimè, aver dimenticato la luminosa radice delle sue origini. Eppure Fulcanelli ci istruisce sulla sua nobile identità segreta: “Teseo, Thes-Elios, luce organizzata, manifestata, che si separa da Arianna, il ragno che è al centro della sua tela”.

“Nell’ora della vostra nascita voi vi vedrete come un fratello del Minotauro, che è chiuso nel labirinto, la sua prigione, e che cerca per tutta la vita l’uscita, senza trovarla, e che la rabbia e la disperazione rendono feroce … Poi, un giorno arrivate a prendere coscienza della vostra esistenza e dei vostri percorsi, e con le parole oppure disegnando, voi ricreate la vostra stessa prigione. Voi siete diventato Dedalo che è l’architetto del labirinto. E quando riprendete il vostro camminamento, forse con un coraggio nuovo, voi avanzate come Teseo, non più come una vittima sconvolta, ma finalmente lucidi.”6

Note

  1. Sic procul eventura vides
  2. Les voyages de Cirus” di Michel Ramsay, 1752
  3. Damanhur, settembre 2011.
  4. Johann Wolfgang von Goethe, Viaggio in Italia 1787
  5. "L'arte serve ad unire le solitudini. Esercitamo la solidarietà delle solitudini".
  6. da un’intervista a Friedrich Dürrenmatt di Jacques Le Rider pubblicata da Le monde 12 settembre 1982.

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